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avevano fatto un corso regolare a Bardonecchia, e, se-
condo le direttive generali sulla guerra in alta montagna,
avrebbero dovuto fornire le pattuglie per le ricognizioni
oltre le nostre linee. Ma, fra le nostre trincee e quelle ne-
miche, le distanze erano cosí piccole che non offrivano
spazio sufficiente per le operazioni di pattuglie in sci. I
pochi esperimenti fatti ne avevano sconsigliato l impie-
go di notte. Il terreno vi era per giunta ricoperto di albe-
ri divelti e di filo spinato, ed era diventato difficile a pra-
ticarsi. Di giorno, non v era un sol punto in cui le nostre
pattuglie potessero uscire inosservate, e di notte, faceva-
mo uscire, eccezionalmente, uomini su racchette da ne-
ve. Ma, l indomani, le tracce ne erano visibili e l atten-
zione del nemico si faceva piú vigile. La squadra di
sciatori pertanto non era di alcuna utilità pratica. Il co-
mandante del battaglione la mandava sovente a fare del-
le escursioni a Campomulo, Croce di Longara, Monte
Fior, Foza, per mantenerla in allenamento, ma non
l aveva mai impiegata oltre le nostre linee.
Ottolenghi aveva, altre volte, come me, partecipato a
tali escursioni. La sua domanda rientrava quindi nelle
abitudini della nostra vita invernale. Le esigenze del ser-
vizio si opponevano ed io gli concessi di prendere con sé
solamente mezza squadra di sciatori.
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Letteratura italiana Einaudi
Emilio Lussu - Un anno sull Altipiano
 No,  mi disse Ottolenghi.  Con mezza squadra io
non posso fare niente d utile. Vorrei fare, con gli sciato-
ri, una vera e propria esercitazione di guerra con lancio
di bombe a mano e petardi. Vorrei poter impiegare tutta
la squadra, perché solo cosí sarà possibile svolgere
un azione completa di pattuglia. Siamo alla vigilia di una
grande azione: mi piacerebbe preparare una buona
squadra di specialisti quali sono i nostri sciatori.
Anche a me interessavano molto esercitazioni del ge-
nere e finii per cedere. Ottolenghi partí con la squadra
al completo: dieci uomini, un caporale, un sergente. I ta-
scapani erano carichi di bombe. Io ebbi, piú tardi, il rac-
conto dell escursione.
 L ordine del comandante del battaglione,  disse
Ottolenghi agli sciatori,  è di compiere un operazione
di guerra, rapida e segreta. Cosí, vi metteremo alla pro-
va. Fra poco, vi sarà la grande azione e noi dobbiamo es-
sere adeguatamente preparati. Questa volta, la guerra la
faremo sul serio, non con scale e ponti. Un operazione
di guerra come questa che noi, oggi, siamo comandati di
compiere, comporta il nemico. Dov è il nemico? Questa
è la questione. Gli austriaci? No, evidentemente. I nostri
naturali nemici sono i nostri generali. Se, nei dintorni, vi
fosse sua eccellenza il generale Cadorna, egli sarebbe il
nemico principale e non si tratterebbe che di rintrac-
ciarlo. Egli non è vicino, disgraziatamente. E non è vici-
no neppure il comandante d armata. Lo stesso coman-
dante di corpo d armata è molto lontano, imboscato ai
piedi dell Altipiano. I grandi generali detestano la neve.
Chi rimane dunque? Non rimangono che i piccoli. Ri-
mane il comandante della divisione, piccolo, ma perfet-
to. Una rara intelligenza. Un intelligenza rara.
Gli sciatori conoscevano bene Ottolenghi. La sua ri-
putazione si era consolidata da tempo, nel battaglione.
Essi lo ascoltavano con spasso.
 Non andremo tuttavia,  chiese il sergente, fra il se-
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Letteratura italiana Einaudi
Emilio Lussu - Un anno sull Altipiano
rio e il faceto,  non andremo certo ad attaccare con que-
ste bombe il signor generale comandante della divisione.
 Direttamente, no. Noi non attaccheremo il signor
generale personalmente, per quanto ciò costituirebbe,
senz altro, un notevole passo verso la vittoria. Gli ordini
del comandante del battaglione sono: «Fate quello che
volete, ma risparmiate la vita del generale». Sicché, noi
ubbidiremo. Noi ne risparmieremo la vita, ma lo attac-
cheremo nei suoi beni. Noi faremo una fulminea opera-
zione ardita sul magazzino di sussistenza della divisione,
svaligiando il piú che ci sarà possibile.
L interesse degli sciatori era al colmo. Ottolenghi
spiegò loro tutti i particolari del piano ch egli aveva stu-
diato. Indi, partirono entusiasti per la sua esecuzione,
Ottolenghi in testa.
Il magazzino di sussistenza era in una grande baracca
di legno, posta lungo la strada fra Campomulo e Foza,
in un piccolo avvallamento che lo nascondeva agli osser-
vatori nemici. Attorno, la neve vi era molto alta. Otto-
lenghi e gli sciatori lo conoscevano bene per esservi pas-
sati vicino, in precedenti escursioni. Il magazzino
conteneva un ricco deposito di generi alimentari per la
truppa e per le mense ufficiali di tutti i reparti dipen-
denti dalla divisione. Vi erano, in abbondanza, anche
bottiglie di vino e di liquori, prosciutti, mortadelle, sala-
mi e formaggi.
La squadra fece un largo giro per sorprendere il ma-
gazzino dall alto e per rendere irriconoscibile la prove-
nienza delle piste degli sci. Verso il calare del sole, arri-
varono uniti a un chilometro al di sopra della strada. Di
là, sempre insieme, discesero, puntando nella direzione [ Pobierz caÅ‚ość w formacie PDF ]

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